lunedì 8 giugno 2009

Rainbow - RISING (1976)

(1980, MP3 | @256 Kbps | 77 Mb)
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Uscito nel 1976, a solo un anno di distanza dall’lp di esordio dei Rainbow, ”Rising” si propone come un album decisamente innovativo, differenziandosi notevolmente dal precedente: il sound e la line-up della band vengono completamente rivoluzionati per mano di Ritchie Blackmore –padre padrone del gruppo – che, insoddisfatto della produzione del primo album (buono a livello di composizione ma povero nella resa finale) si presenta in “ Rising " con una nuova formazione; a parte Ronnie James Dio (portentosa voce degli “Elf”), i volti nuovi sono: Cozy Powell (1947-1998) fenomeno della batteria, Jimmy Bain al basso e Tony Carey alle tastiere.

Ed è proprio Tony Carey ad introdurci con “Tarot Woman” in una nuova ed affascinante dimensione, caratterizzata da elementi magici e toni epici, dove la musica svela scenari fino ad allora inesplorati. Chitarra e batteria faranno poi il resto, regalandoci un assaggio di quello che si rivelerà un album capolavoro. Nonostante “Run with the wolf” non rappresenti l’highlight del disco, non appare, comunque, come una nota stonata poichè si inserisce perfettamente nella giusta atmosfera “tolkeniana”, mentre “Starstruck” è senza dubbio la canzone più “purpleiana” di “Rising”, a cui Dio si dimostrerà particolarmente legato riproponendola spesso, dal 1983, nei suoi tour solisti. La prima parte dell’album si chiude con “Do you close your eyes”, brano che anticipa, per alcuni aspetti, quelli che saranno i Rainbow degli anni ’80, sfacciatamente più inclini a corteggiare le tendenze del mercato. Un totale di tre minuti che racchiudono un riff di chitarra il cui impatto è immediato, una sezione ritmica precisa ed affiatata, nella quale la voce di Dio trova terreno fertile per esprimersi ad altissimi livelli. Un “assolo” di batteria magistralmente eseguito da un eccezionale Cozy Powell ci introduce al masterpiece della band : “Stargazer”, precursore di un nuovo genere musicale, ”l’epic metal”.

L’impatto di questa canzone è straordinariamente coinvolgente in ogni più piccola sfumatura; per la prima volta Dio affronta un tema del tutto nuovo, quello “epico-mistica”, che diventerà una costante nel proseguo della sua carriera, soprattutto di quella solista. In “Stargazer” RJDio ci guida in una dimensione surreale, regalandoci un’interpretazione impareggiabile: aggettivi come trascinante, coinvolgente, emozionante, sicuramente non sono sufficienti descriverne la rara e straordinaria intensità.

Assolutamente non da meno la chitarra, che con il suo incedere sempre più incalzante, culmina in un assolo dal tono drammatico, barocco e a tratti orientaleggiante. Pur non essendo il rock un genere in cui la tastiera svolge solitamente un ruolo di primo piano, in “Stargazer”, ne diventa co-protagonista: Tony Carey, con un eccezionale arrangiamento dona al pezzo un fortissimo pathos, un’epopea monumentale, unica ed irripetibile. “Rising” si chiude con “A light in the black”, il brano più oscuro e devastante di tutto l’album: l’impatto sonoro e la performance del gruppo sono apocalittici;qui la voce di RJDio trova la sua massima espressione raggiungendo livelli di “cattiveria” inaudita. Ritchie Blackmore e Cozy Powell (neanche a dirlo) si scatenano in una prestazione superlativa, dimostrando ancora una volta una potenza ed una tecnica a dir poco superiori. Ascoltando “A light in the black”, si ha un’ulteriore conferma dell’eccellente lavoro svolto dal producer Martin Birch.

Tracklist:

1. Tarot woman
2. Run with the wolf
3. Starstruck
4. Do you close your eyes
5. Stargazer
6. Light in the black

domenica 7 giugno 2009

Def Leppard - PYROMANIA (1983)


(1980, MP3 | @256 Kbps | 103 Mb)
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E' questo il terzo album in studio della nota band di Sheffield, sicuramente tra le più rappresentative della cosiddetta New Wave of British Heavy Metal.

L’album si può definire un album di transizione... I Def Leppard, infatti, in questo lavoro si discostano leggermente dai suoni pesanti e immediati (ma sempre raffinati) dei 2 album precedenti, per tendere verso la ricchezza e l’eleganza compositiva del successivo 'Hysteria'.
Ma, incredibilmente, questo album non presenta il tragico e classico difetto degli album di transizione, e cioè l’incertezza, la confusione e la non precisa definizione (il classico “ne carne ne pesce” )... Ma anzi, rappresenta una perfetta amalgama di tonalità chiaro/scure dove potenza e melodia festeggiano uno dei loro più riusciti matrimoni... Un concentrato di energia e di freschezza che al tempo aveva veramente pochi rivali; un sottile equilibrio tra furore e razionalità sonora come non se n’era mai sentito... Il tutto orchestrato, con incredibile personalità, dall’ugola d’oro di Elliot (una delle voci più potenti e più “rock” degli anni ottanta), dalla tagliente chitarra Clark e dall’agitatissima batteria di Allen.

L’album è composto da 10 possibili hit in un continuo alternarsi tra Hard Rock e Heavy Metal. È un lavoro che va divorato nella sua totalità e che non stanca e non annoia mai. Inutile dilungarsi (dato che l’ho già fatto abbastanza) in una classica track-by-track per un album come questo... Vi basti sapere che si spazia, con singolare facilità, dal il Rock melodico ed emozionante di origine americana all’Heavy tirato e veloce tipico di quegl’anni, passando a momenti dal vago sapore Thrash (ascoltatevi a riguardo i riff di “Die Hard The Hunter”) fino ad arrivare a tesissimi frangenti di coinvolgente bellezza o di quadrata e tagliente fattura (l’influenza degli AC/DC a volte traspare in maniera molto evidente), il tutto infarcito da ottimi refrain corali che donano potenza ed eleganza... Insomma... Ogni brano è degno di essere ascoltato un’infinità di volte e il tutto possiede una spettacolarità scenica e una carica che si adatta perfettamente alla dimensione “live” che i nostri svilupperanno fino a diventare una delle più entusiasmanti macchine da concerti degli anni ottanta.

Tracklist:

Rock Rock (Till You Drop) (3:52)
Photograph (4:12)
Stagefright (3:46)
Too Late For Love (4:30)
Die Hard the Hunter (6:17)
Foolin' (4:32)
Rock of Ages (4:09)
Comin' Under Fire (4:20)
Action! Not Words (3:52)
Billy's got a gun (5:27)

Black Sabbath - HEAVEN & HELL (1980)

(1980, MP3 | @256 Kbps | 98 Mb)
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Heaven and Hell, uscito nel 1980, è il primo album dei Black Sabbath senza la loro star assoluta, Ozzy Osbourne. Dopo 10 anni il sodalizio era finito e al termine del tour di Never Say Die, Ozzy lasciava (o veniva licenziato, la storia è molto confusa a riguardo) in maniera definitiva i Black Sabbath, e il più importante capitolo della storia della band da molti indicata come creatrice dell'heavy metal si era chiuso.
Prendendo spunto dal motto che dava il titolo all'ultimo album, i Sabbath non si perdono d'animo e arruolano Ronnie James Dio, uscito da poco dai Rainbow di Ritchie Blackmore; l'unione è fruttifera e Heaven and Hell ne è l'ottimo risultato.


Dio porta nei Sabbath il suo lato mistico/fantasy che non poteva più esplorare nei Rainbow, visto che Blackmore aveva puntato su sonorità più AOR e commerciali; la musica dei Sabbath si adatta al nuovo cantante e al suo stile liricista, e ne esce fuori un album roccioso, compatto, solido e convicente, che ricorda molto come stile quello della futura carriera solista di Ronnie.

La prima canzone scritta dalla nuova line up è una delle più famose del gruppo e senz'altro tra le più belle: Children of the Sea è una grande semi-ballata in cui Dio mette in mostra le sue doti canore e la band dimostra che non c'è bisogno di Ozzy nel gruppo per scrivere pezzi memorabili.

L'altro colosso dell'album è la title track, ovvero la celeberrima Heaven and Hell, un mid-tempo cadenzato e ipnotizzante, sostenuto da una semplice ma effettiva linea di basso, che esplode nel finale per poi sfociare in un outro acustico e dal sapore medievale. Questi sono i due brani dell'album che passano alla storia, ma i pezzi di qualità sono molti altri;
degne di nota sono infatti la veloce Neon Knights, che apre il disco, e brani come Wishing Well e Die Young (più cadenzato il primo, più veloce e coinvolgente il secondo) non hanno nulla da invidiare a molte canzoni dell'era di Osbourne.

Il resto dei brani è nella media, ma nessuna canzone è mediocre o usata come riempinastro; l'album risulta un lavoro convincente e anche importante nel mantenere al vertice il gruppo.

Ovvio che dopo 10 anni di Ozzy Osbourne il cambiamento sarebbe stato visto con occhi storti da molti fans, ma la classe vocale di Dio non è da discutere ed è la sua arma principale nella "lotta" contro il fantasma di Ozzy.

Insomma, i Black Sabbath "veri" saranno anche quelli della formazione Osbourne/Iommi/Butler/Ward, ma Heaven and Hell è un album dannatamente bello e convincente come la band non faceva da qualche anno... e come non ne avrebbe fatti per molti anni ancora. Assolutamente da sentire per qualsiasi fan di Dio.

Tracklist:
01. Neon Kights
02. Children Of The Sea
03. Lady Evil
04. Heaven & Hell
05. Wishing Well
06. Die Young
07. Walk Away
08. Lonely Is The Word



Deep Purple - MADE IN JAPAN (1972)


(1972, MP3 | @320 Kbps | 145 Mb)
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Il disco è uno dei lavori più famosi della band inglese. Contiene alcune celebri versioni di pezzi che sono divenuti classici del rock come Smoke on the Water, Child in Time e Strange Kind of Woman. I brani sono tratti dagli album di quel periodo, in particolare Fireball, In Rock e Machine Head realizzati dalla formazione dei Deep Purple considerata più classica, la cosiddetta Mark II con Ian Gillan e Roger Glover.

Alcuni brani contenuti in questo disco, come la celebre Smoke on the Water, sono più conosciute nella versione contenuta in questo disco piuttosto che nella loro versione originale in studio.

Made in Japan è stato uno dei primi album rock registrati dal vivo ad ottenere un successo commerciale importante e ad entrare nelle classifiche di vendita. In particolare il disco, oltretutto doppio, raggiunse la 6a posizione delle chart statunitensi.

Quando Made in Japan uscì nel dicembre del 1972, il livello tecnico delle registrazioni dal vivo e della post-produzione non era ai livelli che sarebbero stati raggiunti negli anni successivi. Dischi di gruppi all'epoca famosi avevano subito aspre critiche perché troppo evidente erano le manomissioni posticce realizzate in studio e al mixer. In una intervista degli anni Ottanta, il bassista dei Deep Purple Roger Glover definì Made in Japan «il disco più onesto della storia del rock», perché testimoniava senza trucchi, sovraincisioni, manomissioni in studio, ciò che realmente era la musica dei Deep Purple in concerto, con la loro carica, l'energia che esprimevano, la bravura dei musicisti, ma anche i difetti e le imperfezioni.

Con Made in Japan i Deep Purple sfondarono anche negli Stati Uniti, vendendo milioni di copie, e gettarono le basi per i fasti dell'heavy metal del decennio successivo.


Tracklist:

1. Highway star
2. Child in time
3. Smoke on the water
4. The mule
5. Strange kind of woman
6. Lazy
7. Space truckin'



giovedì 4 giugno 2009

Litfiba - 17 RE (1987)


(1987, MP3 | @320 Kbps | 121 Mb)
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Correva l’anno 1987, usciva “17 Re”, forse il miglior album dei Litfiba.
Quelli veri, quelli con Gianni Maroccolo al basso (che poi in seguito formò quell’incredibile discorso musicale chiamato Consorzio Suonatori Indipendenti). C’era il compianto Ringo De Palma: batterista incredibilmente dotato, a macchiare i pezzi con le sue tastiere Antonio Aiazzi e l’altro C.S.I Francesco Magnelli.

16 sono gli episodi musicali contenuti in questo album di rara bellezza, ed è incredibile confrontare queste canzoni con quelle dell’ultimo periodo dei Litfiba. 66 minuti e 40 secondi di assoluto valore. Un peccato non averlo. Buon Ascolto.


Il brano d’apertura è l’arrabbiatissima
Resta. Renzulli spara riff di chitarra uno dietro l’altro. Aiazzi e Magnelli con le loro tastiere macchiano di colori neri le strofe, De Palma macina con la sua batteria, Pelù canta urlando le parole: “Resta una parte di me / quella più vicina al nulla”.

Re del silenzio è leggermente più melodica, con un giro di basso da leccarsi i baffi.Bellissimo il testo: “Ogni parola non ha più peso dell’aria che si confonde in noi / Non respirare questo momento non età e un vago senso di vuoto ci colora / ti prego lasciami solo”.Oscuro il suono. Le tastiere avvolgono come nebbia.Bello il duetto voce/chitarra nel finale distruttivo.

Cafè; Mexcal e Rosita:la fanno da padrone le tastiere. Che sono a dir poco bislacche, ubriache e storte, come il titolo fa ben intendere.“Sei andata via da me / Ti sento nell’aria / Sei nelle mie mani / queste mie dita / Sono ancora profumate come te”.L’ispirazione chitarristica di Renzulli è davvero grandiosa, così come la batteria preziosissima di Ringo che macina colpo su colpo in maniera meravigliosa.

Vendette è il primo, toccante tuffo al cuore.L’intro di chitarra pulita.La strofa. La danza distorta del basso tra note di tastiera.Nel ritornello, davvero stravagante, Pelù canta in spagnolo. “Sento dentro, sento fuori / che grida la gente, la gente è aria / Vedrò / lo so, 100.000 altre vendette / del Sangre / Ahi! Ahiahiahi! / Ahi, non puede tene el ritmo!”.Di incredibile bellezza il solo di basso che rilancia di nuovo la strofa. Toccante e splendida la parte strumentale prima del secondo ritornello. Serrato e distruttivo il finale dove Ghigo squarcia l’atmosfera con i suoi soli devastanti.

Pierrot e la luna è corrosa da strane melodie di violino. La canzone si muove tra amara dolcezza e improvvise impennate. Da applausi il basso. E gli arrangiamenti di chitarra. “Bianca lebbra di luce/ che m’ attacca nel buio/ La mia pelle si spacca e non si forma più / Bianca squama di cielo/ che mi insegue nel buio/ La mia pelle si spacca e non si forma più”. Stupendo il finale.

Segue Tango. La chitarra è di una straordinaria bellezza. Rimango senza parole a sentire il basso. Il testo è incentrato sui personaggi che si inventano le guerre: “Ora devo partire qualcuno ha deciso per me / non è chiaro se tra noi qualcuno spera ancora nella guerra / Io cercherò di ucciderlo / non lo invidio / vorrei solo ucciderlo / il cielo è fuoco”. Una meraviglia la melodia di testiera nel finale.Un capolavoro. Non si può definire in altro modo.

Come un dio inizia lentamente e procede in un lungo e appassionante percorso fatto di continue sovrapposizioni di chitarra (feedback e note) e voce in costante crescita. Pelù canta nervoso. “Io sono come Dio / e gli uomini li rifarei, come ora / Occhi per non vedere, bocche per non parlare / Meglio così / L’energia corre via, l’energia si trasformerà”.Ottima la batteria di De Palma, da applausi. Uno dei miei pezzi preferiti. Sicuramente un inno dei Litfiba che furono.

Febbre:le tastiere catturano l’attenzione, con una amarissima, stupenda melodia.
Belle le parole, che hanno un’incredibile valenza in questa atmosfera, quasi dark, creata dalle tastiere. Incredibile l’interpretazione, addirittura straziante, di Piero. “No, non posso stare qui / Ferma la mia sete / Bevi la mia, la mia, bevi la mia febbre / Il cuore è solo un muscolo impazzito / Vento, ghiaccio”.

Apapaia è una delle canzoni più conosciute. Il perfetto prototipo di canzone di quei Litfiba. Da segnalare questa parte di testo: “Si può vincere una guerra in due e forse anche da solo / Si può estrarre il cuore anche al più nero assassino / ma è più difficile cambiare una idea / Il mi sogno è un taglio netto a tutto / E voglio che sia più reale / Potrei stare ore ed ore a parlare al silenzio / ma è più difficile cambiare un’idea”.La chitarra è una squarciante arma per la voce. Il basso e la batteria macinano a meraviglia. Le tastiere dipingono deliziose armonie sia sulle strofe dove sono più presenti e sui ritornelli dove il ritmo è più serrato. Brividi, veri.

Univers è la canzone più elettronica del disco, ottimo l’arpeggio di chitarra è sporcato da un po’ di chorus. Stupenda la batteria in controtempo e il basso splendido. Di una meraviglia sconvolgente i ritornelli. Poche le parole ma messe in questo contesto di una dolcezza unica: “Stringi forte la mano con la mia ti porterò lontano / prendi la mia mano e vieni via / ti porterò lontano”.

Sulla terra: Pelù strilla a tratti ed incanta in altri. Micidiale l’arrangiamento di Ghigo sulla strofa. Bellissima, da pelle d’oca la melodia di pianoforte/synth e basso nei ritornelli con la chitarra che suona gli accordi in levare (frequente sentirlo nel reggae e nello ska). Spettacolare il basso comunque in tutta la canzone. Maroccolo ha un modo tutto particolare di suonarlo (con plettro), direi unico. “La saggezza è una pazzia / e impedisce di vedere / ogni uomo spera di comandare / bestie in guerra / sulla Terra, sulla Terra”.

Ballata è la mia canzone preferita. L’atmosfera ricreata è a dir poco meravigliosa.
Il giro di basso ti inebria ogni volta che l’ascolti (l’assolo, uno squarcio di rara bellezza).
Le parole (come poesia), violini, una corrosiva chitarra acustica.Brividi forti. “Sole, silenzio, fiato / Come questa Terra senza profondità / Ti porta dentro il respiro / E ti senti ancora più, sempre più / piccolo! / Venderò l’anima / Colorando il nero dell’orizzonte / Venderò l’anima / Sto morendo, morendo di solitudine / Venderò l’anima / Forse questo è un sogno, forse un mare / Dove perdersi per ritrovare / Le ali del cielo / Ali del cielo! / Venderò l’anima / Ridono di me! / Delle mie ali, ali di cera / Ridono di me! / Delle mie ali, ali di cera”.

Gira nel mio cerchio è un vero è proprio delirio musicale. Bislacche aperture. Synth impazziti si alternano per tutta la canzone. La chitarra è “violentata” nell’assolo e grida stranamente nelle strofe. Un treno in corsa il basso sui ritornelli. Il testo urlato e ubriaco nel finale vorticoso dice: “1 non sei più solo / 2 elevi lo spirito / 3 esploderai / 4-5-6 corre l’energia del vento / 7-8 gira nel mio cerchio”.

Assalti sonori in Cane. La chitarra tutta riff di Renzulli (che sfoggia un’invidiabile tecnica) si trova a meraviglia in questo scenario piuttosto rumoroso e tirato. Come macigni il basso e la batteria. Intelligenti e fantasiose le incursioni sonore delle tastiere. Pelù canta in maniera incazzata, come cane bastonato. Totalmente calato nella parte. “Carezze! / Cuore bestia cuore cane / Lasciatemi nell’angolo da me / Non riesco più a capire / se voglio una carezza o mordere / Mordo i cani come me / e sento di non essere colpevole / Non voglio più il dottore”.

Oro nero è una canzone complessa e poco digeribile soprattutto sulle strofe.Pesante l’arrangiamento di tastiera. Tagliente l’incrocio voce/chitarra, soprattutto sulla seconda strofa. Belle le aperture nei ritornelli, in primo piano la batteria tagliente di Ringo. Entusiasmante il finale. Un botta e risposta canto/tastiere. Chiaro il testo: “Madre danzano i leoni / madre danzano le iene / per l’oro nero”.

Ferito: allucinante la tensione che mette addosso questa traccia. “Grande capo bianco dice che noi siamo forti / Noi siamo pronti per attaccare / Grande capo bianco / vuole carne da cannone / E che sia bello morire insieme”. E bisogna ancora alzarsi in piedi ed applaudire ad un giro di basso vertiginoso. Canzone con aperture di violino e di chitarre al limite della pazzia sugli strumentali. A dir poco epocale il finale. Nel complesso un’altra canzone al limite della perfezione. Pelù interpreta in maniera fantastica il testo.

Tracklist:

1. Resta
2. Re del silenzio
3. Cafè, Mexcal e Rosita
4. Vendetta
5. Pierrot e la luna
6. Tango
7. Come un dio
8. Febbre
9. Apapaia
10. Univers
11. Sulla terra
12. Ballata
13. Gira nel mio cerchio
14. Cane
15. Oro nero
16. Ferito